Tra le aziende del settore alimentare cresce del 4% il tasso di default. L’allarme arriva dallo studio realizzato da Crif Ratings, che ha osservato gli andamenti delle imprese nel 2021 e nel 2022 .In questo periodo, se da un lato nell’agroalimentare è stato registrato un deciso aumento dei fatturati, dall’altro si è verificato un significativo incremento della rischiosità. «Questo peggioramento così marcato del food & beverage è il riflesso della forte esposizione del comparto all’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia – spiega Luca D’Amico, ad di Crif Ratings – mentre risultano più in linea con le evidenze nazionali i tassi di default nel settore agricolo. La crescita record dei fatturati è riconducibile prevalentemente alla spinta dell’inflazione, che ha portato le imprese dell’agroalimentare a rialzare i prezzi dei propri prodotti a listino».
A causa della pandemia le aziende dal 2020 hanno fatto maggiore ricorso al credito, accumulando una massa di debiti, che ha portato a un marcato squilibrio tra il debito e il margine operativo lordo. Il riassesto, con il ritorno ai livelli pre-Covid, viene rallentato attualmente da un contesto macroeconomico ancora instabile. Allo stesso tempo, l’autofinanziamento delle imprese attraverso la gestione operativa risale a rilento, con un andamento molto più basso rispetto alla media italiana. Il settore alimentare segna in media un margine operativo lordo che è circa 10 volte gli oneri finanziari, un rapporto che scende a 8 circa per l’agricoltura, quando la media nazionale è superiore alle 15 volte.
Secondo gli esperti di Crif Ratings, poi, la politica monetaria espansiva non gioca a favore e il contesto di rialzo, che continuerà del 2023, potrebbe mettere sotto pressione i settori e le imprese strutturalmente più fragili.
Commenti post (0)