Uglies commette un errore imperdonabile: ecco perché (senza spoiler)
Possiamo risolvere i problemi ambientali e fermare il riscaldamento globale. Ma non c’è cura per la nostra natura: crudele, distruttiva, autodistruttiva, spietata, egoista. E naturalmente superficiale.
Come uno specchio della società attuale, l’unica cosa che conta è la perfezione (esteriore). Ecco quindi che gli scienziati trovano la soluzione: rendere tutti esteticamente, fisicamente perfetti. In modo che le differenze fra le persone non debbano più suscitare invidia, discriminazione, odio.
La trama di Uglies
Tally (Joey King, Fargo, Bullet Train) detta Guercetta e Paris (Chase Stokes, Outer Banks) detto Nasone sono migliori amici. Lo diventano a 12 anni, nel momento in cui entrano nella scuola/collegio che li accoglierà fino al compimento dei 16 anni, momento della metamorfosi. Il momento in cui raggiungeranno la perfezione, ovvero supereranno tutti i loro difetti fisici e di salute. Vengono educati a vivere in attesa di quel momento, quando si trasferiranno in città e inizieranno le loro vite. Ma Tally, che raggiunge l’amico Paris dopo l’intervento che l’ha reso perfetto, capisce che forse, quando cambia il corpo, cambiano anche la mente, il cuore, la scala dei valori…
Uglies: una riflessione sulla società di oggi
Nell’era degli influencer, delle sedicenni che si rifanno il seno e le labbra, delle aspiranti star pronte a cancellare la propria identità in cambio di denaro e fama, Uglies (“brutti”) ci racconta la storia di un futuro in cui ciò che è destinato a distruggerci – inquinamento, cambiamenti climatici, avidità, egoismo – è stato superato grazie alla scienza.
Ma la scienza, si sa, quando si tratta di interventi così radicali è al servizio della politica. E la politica persegue sempre e solo gli stessi scopi: arricchirsi.
Uglies è quindi una denuncia della superficialità che ci circonda, della discriminazione e del crimine di essere “normali”. In una società con la tecnologia dei replicatori di Star Trek e gli hoverboard di Ritorno al futuro, i ragazzini vanno a scuola di perfezione e di metamorfosi. Non sanno cosa sia un libro – oggetto proibito che gira clandestinamente – e non hanno libertà di scelta: la perfezione è obbligatoria, pena l’esclusione dalla società.
Le vestigia del vecchio mondo sono nella zona proibita. Quella in cui vivono gli emarginati. Chi, come una volta, sceglie di non farsi trasformare nella convinzione che ciò che si ha dentro sia più importante del proprio aspetto esteriore.
Il film si rivolge chiaramente a un target molto specifico: gli adolescenti. Ma dubito che anche per loro il messaggio sarà efficace: Uglies non è diverso da mille altri film sulla stessa linea, a cominciare dalla serie di Divergent che mette in campo, sia nei romanzi che nei film derivati, ben altri valori e pesi.
Il paradosso di Uglies
Uglies, paradossalmente, è superficiale quanto il mondo che vorrebbe rappresentare in modo negativo.
Tutto è prevedibile, predestinato, in un mix fra riflessioni (molto poco profonde) su un futuro alla Wall-E in cui l’attività fisica praticamente scompare e una società in cui l’unica occupazione è far festa tutto il giorno e tutta la notte. Perché così, alla fine, non si creano problemi ai “grandi”, a coloro che prendono le decisioni. I potenti di turno.
Tutti i dettagli che rendono interessante il futuro di Uglies, dalle orchidee alla tecnologia, finisce per essere appena accennato in una storia con una parte di avventura idealizzata e di romance ben più curata di tutto il resto.
Un gran dispiego di mezzi – gli effetti speciali sono di ottima qualità – mette in secondo piano gli aspetti contenutistici sui quali si sarebbe dovuto insistere.
Uglies viene da una serie di romanzi (quattro, più un’altra serie spin-off) firmati da Scott Westerfeld che scavano decisamente più in profondità pur rivolgendosi al pubblico noto come young adults (esattamente come Divergent). Tanto che la protagonista, Joey King, ha fatto sapere di aver molto amato i romanzi e di aver sognato a lungo di interpretare il personaggio di Tally.
Peccato che il film banalizzi il tutto, che la sua (del film, non di King, sempre brava) Tally resti in superficie tanto quanto una narrazione che non riesce a mettere in evidenza le contraddizioni di un futuro in cui il libero arbitrio, tema fra i più importanti in tutto il genere fantascientifico, non venga più visto come un bene prezioso tramite semplici racconti e immagini deformate.
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