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Canet, ecco Luigi XVI e Maria Antonietta senza maschere

today8 Agosto 2024 16

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di Ansa
  

Canet, ecco Luigi XVI e Maria Antonietta senza maschere


(ANSA) – ROMA, 07 AGO – Vediamo “Luigi XVI e Maria Antonietta
nel loro percorso dall’essere considerati dei al perdere la
maschera, al diventare esseri umani e scoprire come esserlo”.
Così Gullaume Canet, interprete del monarca a fianco di Melanie
Laurent nei panni di Maria Antonietta descrive i due personaggi
in The Déluge, il film di Gianluca Jodice d’apertura fuori
concorso in Piazza Grande del Locarno Film Festival, dove i due
protagonisti ricevono anche l’Excellence Award Davide Campari.
La storia (producono l’Ascent Film con Rai Cinema e Adler
Entertainment, Paolo Sorrentino è produttore associato) è
ambientata nel 1792, quando Luigi XVI e Maria Antonietta insieme
ai loro figli vengono reclusi nella Tour de Temple, un cupo
castello di Parigi, in attesa del processo (verranno condannati
a morte e decapitati nel 1793).

Lontani dallo splendore di
Versailles, per la prima volta isolati e vulnerabili, i due
monarchi, uniti da giovanissimi in un matrimonio combinato, e
dalle personalità profondamente diverse (lui timido e dalla
personalità fragile, lei più ribelle) trovano la forza di
reagire e iniziano ad avvicinarsi.
Maria Antonietta “è un personaggio che ho amato – era molto
complessa e sola – spiega Melanie Laurent che è stata aiutata
nell’affrontare il personaggio dal libro sulla monarca scritto
da Stefan Zweig -. Si vede come dalla sua nascita alla sua
morte tutto per lei sarebbe stato molto complicato e che sarebbe
stata circondata dall’odio”. Questo è un personaggio che è stato
raccontato varie volte, “ma ci si è soprattutto soffermati sul
suo lato più frivolo, più pop, quello degli eccessi. Molto più
raramente si è esplorata la sfera intima di questa coppia, come
invece fa il film”. Tra di loro a un certo punto “è come se
cadessero le maschere – aggiunge Canet – si autorizzano a vivere
le emozioni”.
Jodice ha diviso la storia in tre atti, gli dei, gli uomini,
i morti, perché con il cosceneggiatore Filippo Gravino “ci
tenevamo a fare un film più metafisico che storico, che avesse
molto a che fare con la fine come concetto universale, di un re,
di un regime, in generale la caduta dal cielo alla terra”. Un
passaggio “che al di là della maschera e del racconto storico
viviamo nella nostra vita”. (ANSA).
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di Ansa
  





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Scritto da: redazione

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