Loro, loro tre, non esistono più. Non ci sono più tracce di Veronica Pietrobelli, di Milena De Giambattista e di Ambra Gianasso. Sparite, cancellate, nuove vite, nuove identità, nuovi nomi e cognomi. Oggi hanno quasi 40 anni. C’è chi tra di loro ha studiato, chi si è sposata, forse è diventata madre, chi si è trasferita in un luogo segreto e preferisce solo dimenticare la notte fra il 6 e il 7 giugno 2000 a Chiavenna, una cittadina in provincia di Sondrio. In carcere hanno trascorso 4 anni appena, sufficienti secondo la giustizia italiana per scontare un omicidio efferato. A loro è stato concesso il più nobile dei privilegi: il diritto all’oblio. D’altra parte, erano minorenni all’epoca, incensurate, dare loro una chance per redimersi ai giudici è sembrato un percorso giusto, necessario. Non esistono più, cancellate, come defunte. Però in questa storia almeno la sola vera vittima, va ricordata.
Suor Maria Laura Mainetti
Si chiamava suor Maria Laura Mainetti, madre superiora dell’Istituto Immacolata di Chiavenna, uccisa da tre adolescenti senza un motivo, senza un perché. Forse la noia, la fascinazione del male e quindi del demonio, le sere al bar a gonfiarsi di birra sniffando ghiaccio secco, il brivido dell’orrore amplificato attraverso le scritte sataniste sui quaderni di scuola, le braccia tagliuzzate per patti di sangue tra loro, amiche per sempre fino a quella sera maledetta, quella sera di giugno. Gli investigatori hanno dragato, cercato di capire, ma non c’è nulla di rilevante prima del massacro. Famiglie normali, una vita normale, aspettative normali, al massimo un paio di canzoni di Marilyn Manson da ascoltare a palla. Non c’è altro. E allora cosa succede quando si sceglie consapevolmente di trasformarsi in carnefici? Dov’era nascosto il mostro tra Veronica, Milena e Ambra?
L’orrore di quella notte
Riavvolgiamo indietro il film dell’orrore di quella notte. Tre assassine ragazzine, anni tra i 16 e i 17, killer senza motivo, una vittima scelta a caso. Una imboscata ben progettata, notte tra il 6 e il 7 giugno 2000 a Chiavenna. Milena telefona in convento, dicendo di chiamarsi Erika e di essere rimasta incinta dopo aver subito una violenza sessuale e di voler abortire, chiede aiuto proprio a suor Maria Laura, 61 anni e una vita consacrata alla fede. Insiste per incontrarla in un viottolo buio e isolato del parco Marmitte. La religiosa tentenna all’inizio, è tardi, non possiamo incontraci domattina? Poi va, c’è bisogno di lei, dice sì in nome del Dio grande della misericordia, c’è da salvare una ragazza. La incontra, ma dal buio arrivano le voci delle altre, i gesti, le lame.
Urlano “Muori suora” mentre la colpiscono 19 volte
Urlano: “Muori suora” mentre la colpiscono. La insultano. Prima una botta in testa, poi i colpi inferti con coltelli da cucina. 19 colpi. Dovevano essere solo 18, 6 a testa, per replicare il 666, il numero della Bestia. Ma a qualcuna sfugge una coltellata in più in quell’orgia di sangue. Suor Maria Laura le supplica di fermarsi, cade a terra, si inginocchia. Poi, prima di chiudere gli occhi per sempre, prega e perdona le sue assassine. Suor Maria Laura, una donna amata dalla comunità, un’innocente massacrata senza motivo. Era nata il 20 agosto 1939 a Colico, sul lago di Como, si chiamava Teresina orfana da neonata della mamma, Marcellina, morta dopo aver partorito proprio lei, decima figlia.
Le tre killer ragazzine
Le tre killer ragazzine furono arrestate 22 giorni dopo l’orribile delitto. Pensavano di farla franca, era buio, il buio le avrebbe coperte. Ma qualcuno le vide attraversare il paese di corsa quella notte e lo riferì agli investigatori. In carcere ammisero, spiegarono che era un sacrificio per Satana e che no, non conoscevano la suora. All’inizio avrebbero voluto ammazzare il prete ma era troppo corpulento, dissero proprio così “corpulento”. La mente del terzetto e l’ideatrice del massacro secondo gli inquirenti era Ambra, dalle carte dell’inchiesta risulta che, mentre le amiche esitavano a usare i coltelli, lei le sgridò, le incitò:
“Datemi una mano, questa non muore più”.
“Il capitolo è chiuso, scrivano d’altro”
La sentenza di primo grado contro le tre assassine fu emessa il 9 agosto 2001; 8 anni e mezzo di carcere per Veronica e Milena, 12 anni, 7 mesi e 10 giorni per Ambra, bella ed enigmatica, alla quale poi fu riconosciuta la semi infermità mentale che le permise di uscire prima dalla prigione, poter studiare giurisprudenza, l’unica che in questi anni non ha mai parlato, non ha mai voluto incontrare un giornalista. Al suo avvocato ha detto: “Il capitolo è chiuso, scrivano d’altro”. Veronica invece un reporter lo ha incontrato nel 2008, e ha rilasciato un’intervista a Giacomo Amadori di Panorama al quale ha confessato:
Quella tragedia mi ha salvato
“Mi sento in colpa quando lo dico, ma quella tragedia mi ha salvato dalla mia adolescenza. Il carcere, gli psicologi, mi hanno permesso di diventare una persona che altrimenti non sarei mai stata».
Sembra che oggi Veronica sia la responsabile del nido per bambini del centro di assistenza romano che l’ha accolta, che Milena sia stata in Comunità da Don Mazzi e che si sia veramente pentita, a Chiavenna è tornata solo per pochi giorni nel 2012, ed è rientrata in chiesa come testimone delle nozze della sorella. Una scelta che ha sollevato una ridda di polemiche nel paese. Di fatto le tre “sataniste fai da te” sono tutte fuori, libere come l’aria dopo pochi anni di detenzione. Suor Maria Laura invece è stata beatificata. Ed è questa l’unica nota di dolcezza in una storia amarissima.
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