Mettiamola così. Se Ilary Blasi intendeva fare un esercizio di coinvolgimento e commozione del pubblico da portare immediatamente dalla sua parte a suon di lacrime, con Unica c’è riuscita perfettamente. Se invece vogliamo la rappresentazione di una vicenda dolorosa come un divorzio che rispetti l’equidistanza fra le parti, allora no. Non ci siamo. Una delle ragioni per cui questa iniziativa della ex signora Totti è pessima l’ha ben spiegata l’attrice Anna Foglietta in un passaggio di una recente intervista a Vanity Fair.
“Mi ha disturbato enormemente”
L’attrice romana di Unica, ossia la verità su matrimonio e tradimenti secondo Ilary Blasi su Netflix, ha detto: “Penso che il tradimento sia una delle cose più dolorose da scoprire ma anche da fare. Ed è forse questa la cosa, come a dire, più eccitante perché il dolore resta sempre uno dei motori che ci alimenta. Il tradimento, però, spiattellato così mi disturba enormemente. Credo che ci sia un limite, e che questo vada oltre. Insomma, non è la mia storia”. E non può essere l’intera storia. Checché ne dica Paola Belloni, compagna dell’attuale segretaria del Pd Elly Schlein, che ha definito l’autonarrazione della Blasi “un capolavoro di femminismo totale” esaltandosi per la scena in cui Ilary si fa riprendere mentre abbatte la parete dietro cui Francesco Totti aveva nascosto le sue borse, come risposta al presunto furto di lei dei Rolex di lui.
Piangi di fronte alla telecamera e avrai ragione. Ci basta?
L’altra questione per cui Unica di Ilary Blasi è una furbata costruita per ottenere visibilità, partecipazione popolare in vista del prosieguo dello sconto legale con Francesco Totti e consenso, è nella messa in scena della propria abilità televisiva nascosta dietro un’apparente spontaneità. Durante il docufilm Ilary Blasi racconta se stessa a voce unica, piange, si dispera. E’ la tv della “verità” che passa per le lacrime. Il pianto fa crollare muri e abbassa ponti levatoi, è furbo e vecchio il meccanismo di immedesimazione con chi singhiozza a tutto schermo che viene praticato qui. La tecnica moltiplicata nella maggior parte delle domeniche in, dei talk con intervista al personaggio di turno. Tutti con un tumore, una malattia, un abuso in infanzia, un vizio distruttivo da raccontare in una sorta di confessionale laico in un’Italia cattolica e moralista che ti detesta quando sei famoso e ricco, per invidia, ma ti abbraccia quando piangi come un “poveraccio” qualunque. In Unica c’è una narrazione partigiana, un unico racconto, non ci sono le versioni di Totti e le sue lacrime, non ci sono i pianti dei figli presi in mezzo all’ennesimo divorzio Vip avvelenato fatto a polpette da vendere ai consumatori di tv facile e bassa, emozionale. Ci basta questa verità Unica?