I film ultimamente stanno durando troppo. L’avete detto tutti almeno una volta durante i mesi passati, vero? Minutaggi che vanno spesso dalle due ore in su, film che fanno parlare più per la loro lunghezza oraria che per l’effettivo contenuto, borbottio generale su quanto era meglio il Cinema prima. Poi arriva Martin Scorsese con Killers of the Flower Moon e piazza sul banco una scala reale da 206 minuti sul tavolo. E parte l’altro carosello di polemiche su un film di quasi tre ore e mezza.
Poi però quel film lo si vede, lo si assorbe lentamente in sala e lo si continua a fare mentre i giorni passano, mentre la pellicola ti lavora dentro ben oltre quelle tre ore e mezza. Ma è già nello spazio del cinema che Martin Scorsese mette in scena il perché Killers of the Flower Moon doveva durare così tanto. Il film aveva bisogno di questo minutaggio. Perché ha un senso filmico, è diegetico e non poteva essere altrimenti. Capiamo assieme il perché.
Killers of the Flower Moon e lo stillicidio
Riesci a vedere la tragedia quotidiana in questo film? Martin Scorsese non ha fretta, non deve. Sta lì accanto a te come un passeggero fedele, ma implacabile.
Ed è per questo che non c’è epica in Killers of the Flower Moon, non quella cinematografica a cui saremmo abituati per una storia di questo tipo (ve ne parlavamo anche nella nostra recensione di Killers of the Flower Moon). Perché l’ennesimo capolavoro di Scorsese è uno stillicidio, che si rispecchia appunto nella sua lunghezza. Il massacro degli Osage da parte del devastante capitalismo statunitense (personificato nei personaggi di Robert De Niro e Leonardo DiCaprio) non avviene in un giorno, non succede in un attimo. È un avvelenamento sotterraneo, come falde acquifere che vengono contaminate poco alla volta, una puntura dopo l’altra, mentre chi le sta riempiendo di tossine ti versa un bicchiere d’acqua con il sorriso. E la pellicola deve necessariamente riportare questo stillicidio sullo schermo, deve farti sentire scomodo sulla tua poltrona mentre piano piano vieni trascinato in un dramma di impotenza e morte che sembra non avere fine, scandito soltanto dal prossimo cadavere.
Tre ore e mezza di denuncia sociale
Non si può mettere un limite alla denuncia sociale. Soprattutto se realizzata da un autore che ha uno sguardo ancora così attuale e coraggioso, capace di rallentare anche sulla sua stessa filmografia per dilatare il tempo del racconto e non perdersi mai un dettaglio, una composizione, una profondità di campo continua.
Perché tutto è importante, tutto fa parte dell’ennesima quotidiana tragedia americana, non c’è nemmeno l’onore delle armi del male, che aspetta solo, seduto su una sedia mentre i secondi passano e la giustizia tardiva prova a bussare alla sua porta. Martin Scorsese ti trascina gli occhi dentro Killers of the Flower Moon, che deve rispecchiare il più possibile quello che gli Osage hanno subito: una lenta morte orchestrata da un’America complice (o nel migliore dei casi indifferente fino a quando poteva). Ed è per questo che la durata è parte integrante della narrazione di Killers of the Flower Moon, dobbiamo imbrattarci gli occhi dell’avidità umana capace di uccidere senza rimorso il diverso, l’altro, in nome di una cupidigia che deumanizza gli Osage come “gente di passaggio” che sarebbe dovuta morire lo stesso, come il William Hale di De Niro spiega con tutta la banalità del male di cui è ricolmo.
Martin Scorsese, signore e signori
Il senso della durata di Killers of the Flower Moon si sublima sul finale. Siamo felicemente sfiniti dall’ennesima tragedia di tutti i giorni che William Hale ci conferma: a nessuno importa alla fine, la gente si girerà da un’altra parte. C’è chi invece non intende farlo: Martin Scorsese. L’autore si mette in gioco in prima persona, letteralmente, a confermare le parole di Hale e al tempo stesso sradicandole dal loro stesso male, raccontando gli eventi che hanno martoriato gli Osage come ha appena fatto. Scorsese ha anche consigliato 6 film da vedere dopo Killers of the Flower Moon.
Come se le tre ore e mezza, ironicamente brevi di fronte alla gravità umana dei fatti che narrano, fossero ciò che Scorsese poteva fare per strappare la tragedia di tutti i giorni alla Storia e consegnarla a noi, facendoci provare anche solo un millesimo di quella sofferenza. E per ricordarci minuto dopo minuto chi sono veramente i lupi in ogni immagine.
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