Se qualcuno degli spettatori del 25mo Dromos Festival, con parco all’aperto nella cornice di San Giovanni di Sinis ad Oristano, Sardegna, era preoccupato di trovarsi di fronte una tigre dagli artigli sonori spuntati, sarà bastato poco a farlo ricredere. ll concerto in trio dell’armeno Tigran Hamasyan è stato non solo una scommessa vinta in termini di pubblico (dato che i festival negli ultimi anni soffrono e tendono a riempire la platea solo per grandissimi nomi dall’appeal “popolare”) ma soprattutto per quel che è successo su quel palco. Un autentico uragano di creatività e suono. In barba al “beh, Hamasyan ha fatto un disco incentrato sugli standard jazz quindi magari lo ritroviamo ammorbidito”.
Uno standard è solo un pretesto
In StandArt, ultimo album del prodigio del piano jazz nato in Armenia e poi adottato dagli Usa, è un canovaccio in cui armonie e melodie cementate insieme nell’american songbook vengono scomposte, buttate per aria e ridotte a una cascata di frammenti ricomposti con la gioiosa furia di Hamasyan. Poliritmica e vulcanica, così si può ben definire la musica di questo artista che già da adolescente vinceva prestigiosi premi per la sua abilità al piano e che poi in seguito si sarebbe rivelato compositore di vaglia (The Fable e The Call Within sono tra i più begli album degli ultimi anni). Sul palco di Dromos tutto quel fuoco si è sprigionato ancora. Dalle frammentazioni ritmiche e improvvisative di Operator alla “finta ballad” When a Woman Loves A Man, il trio che comprende Jasper Hoiby al basso e Arman Mnatsakanyan alla batteria è un treno lanciato in corsa.
ll suono dell’urgenza
A fondere jazz e musiche del mondo, scale musicali e ritmi che sono prima di tutto quelli delle radici negate di Hamasyan, quell’Armenia vittima di genocidio e a lungo negata come nazione che risolleva la testa nella cultura e con tutte le sue arti. Che ha urgenza di essere: le imprevedibili evoluzioni sul palco dei tre musicisti erano prima di tutto una testimonianza politica. Da applausi. In apertura, il live elettronico di Daniela Pes, fresca di Targa Tenco per la migliore opera prima all’album Spira.