Allo stabilimento di Albinia di Conserve Italia, l’alluvione della Maremma del novembre 2012 costò 25 milioni di euro. Dieci anni dopo, l’incubo è tornato e sott’acqua ora è finito l’impianto di Barbiano, tra Imola e Ravenna. Ma per la conta dei danni è presto: «Siamo ancora senza luce, è impossibile valutare gli impianti», racconta Maurizio Gardini, presidente del più grande gruppo italiano delle conserve, tra i suoi marchi ci sono blockbuster come Valfrutta, Cirio e Yoga.
Lo stabilmento Conserve Italia di Barbiano, in provincia di Ravenna
La fabbrica dei succhi di frutta
Nello stabilimento di Barbiano si sono accumulati 80 centimetri di acqua, ma nei magazzini la merce è stata danneggiata fino a due metri d’altezza, «e questo è tutto prodotto da buttare – racconta Gardini – prima di poter arrivare ai macchinari, ci saranno da spalare 15 centimetri di fango. Quindi dovremo smontare ogni singolo pezzo meccanico per valutarlo. Nello stabilimento produciamo succhi di frutta e in questi giorni stavamo lavorando a pieno regime, in vista dell’aumento della domanda estiva». Gli operai di Conserve Italia lavorano due volte, spalano le proprie abitazioni e poi si mettono a disposizione della loro azienda: «hanno le case allagate ma vengono a dare una mano allo stabilimento» dice Gardini, la voce piena di riconoscenza .
Lo stabilmento Conserve Italia di Barbiano, in provincia di Ravenna
Come presidente di Confcooperative, Gardini siederà anche al tavolo che il governo ha convocato per martedì 23 maggio: «Oltre alla sospensione della fiscalità, dei contributi e delle rate dei mutui – dice – questa volta c’è bisogno anche di un sostegno economico a fondo perduto. I nostri soci agricoltori vengono da anni di raccolti decimati dai parassiti, dalle gelate e dalla siccità: il morale è a terra e l’alluvione rischia di dare il colpo di grazia».
I frutteti di Agrintesa nel Ravennate
I vigneti sommersi
I vigneti di uva trebbiano di Agrintesa vanno da Bologna fino al mare, ma il cuore della produzione è in Romagna e i soci colpiti dall’alluvione sono più di mille. «Contarli tutti è impossibile perché alcune di queste aree non sono nemmeno raggiungibili via telefono», racconta il direttore, Cristian Moretti. Le cantine sono allagate e gli ettari finiti sott’acqua sono più di 5mila. In alcuni terreni, l’altezza della piena ha addirittura superato quella delle piante: «Rispetto ai peschi o peri, che sott’acqua vanno in asfissia nel giro di due giorni e poi muoiono, la vite è più resistente – spiega Moretti – ma non per questo è immune dalle insidie. Se gli agricoltori non riusciranno ad accedere presto alle campagne per fare i trattamenti, rischiamo attacchi fungini e di parassiti che comprometteranno irrimediabilmente tutta l’annata». Là dove non è l’acqua a uccidere, insomma, rischiano di farlo la peronospera e oidio. «Il terreno non assorbe più acqua – dice Moretti – e allo stesso tempo non abbiamo nemmeno un deflusso regolare delle acque perchè i fiumi non hanno semplicemente tracimato, hanno proprio rotto gli argini. Se non ripristiniamo questi ultimi con urgenza, l’acqua non smetterà di allagare i campi».
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